lunedì 22 giugno 2015

Recensione: BLACKOUT - Gianluca Morozzi

La mia recensione su "Blackout" di Gianluca Morozzi.


Titolo: Blackout
Autore: Gianluca Morozzi
Editore: TEA
Data di pubblicazione: Gennaio 2007
Pagine: 202
Prezzo: 9,00 euro

Sinossi: Un torrido ferragosto a Bologna. Per un blackout tre persone si trovano chiuse in un ascensore: Claudia, studentessa omosessuale che per finanziarsi gli studi fa la cameriera in una tavola calda; Tomas, residente in quel condominio; Ferro, proprietario di una discoteca, efferato serial killer. Ferro non abita in quel condominio, ma vi ha un pied-à-terre che usa per seviziare e torturare le sue vittime. E in quella afosa giornata, Ferro stava proprio raggiungendo una sua vittima, precedentemente incatenata a una sedia. Nessuno dei tre riesce a comunicare con l'esterno, il condominio è deserto per il ferragosto e le loro grida rimbombano nel vuoto. I pochi metri che i tre devono dividersi diventano sempre più angusti, l'aria irrespirabile...


La mia opinione: ***Ma quanto sono irritanti quei libri italiani che riga dopo riga non fanno altro che rimarcare con miliardi di stereotipi quanto siano ignoranti, inetti, stupidi, banali, corrotti, insulsi, mediocri (e chi più ne ha più ne metta..) gli italiani? Davvero non se ne può più di leggere sta roba demoralizzante e diffamante nei confronti dell'Italia. Come se tutte le altre nazioni fossero perfette e altrove non esistessero le stesse identiche negligenze!***
Questo libro di Morozzi lo immaginavo migliore di così. La storia di per sé sarebbe anche originale e con del potenziale, ma lo stile di scrittura non mi è piaciuto per niente, vuole sembrare "ganzo" ma risulta eccessivamente volgare. Doveva essere un thriller ma a causa delle varie divagazioni più volte il lettore è portato a dimenticarselo! Ho trovato irritante il suo modo di lamentarsi tramite i suoi personaggi, aggiungendo sempre quei velati particolari denigratori sull'Italia, tipici del pessimismo del "tutto va male solo qui", caratteristica che nei libri di autori stranieri non si trova mai, eh sì che mica nei romanzi stranieri la società sia un esempio di virtù, anzi, tutt'altro, eppure il modo di vedere le cose, anche i difetti, non è mai quel piangersi addosso rassegnato e deprimente che si trova in questo libro e che mi ha portato varie volte a pentirmi di averne intrapreso la lettura. Il tutto viene poi condito con tanti riferimenti musicali che sinceramente ho trovato superflui e con un ritmo narrativo che vorrebbe stupire e lasciare con il fiato sospeso... ma ahimè.. non c'è riuscito.
Nota positiva: Il libro è piuttosto breve e scorrevole, leggerlo non costa fatica e circa a metà riesce anche a suscitare la curiosità di scoprire come andrà a finire, perché ripeto, di potenziale nella storia ce n'è, anche se purtroppo l'epilogo è esageratamente costruito. Sicuramente inaspettato, ma al tempo stesso poco credibile. Una lettura mediocre che non mi ha lasciato la voglia di approfondire altri romanzi dell'autore.



voto:

sabato 13 giugno 2015

Recensione: MENO DI ZERO - Bret Easton Ellis

Recensione al libro "Meno di zero" di Bret Easton Ellis




Titolo: Meno di zero
Autore: Bret Easton Ellis
Traduzione: Marisa Caramella
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 185
Data di pubblicazione: 21 Giugno 2006
Prezzo: 10,00

Sinossi: Il romanzo di Ellis ha il ritmo di un video clip, la durezza dello slang giovanile alto-borghese e la forza della rivelazione. In scena c'è un gruppo di giovani e giovanissimi di Los Angeles, tutti biondissimi e abbronzatissimi, tutti viziati, ma in realtà trascurati da genitori infelici, depressi o assenti. Questi ragazzi, in vacanza prima della riapertura dei college, sperimentano tutto quello che la città offre: sesso facile, spinelli, cocaina, feste sempre più particolari, in un crescendo di amoralità e devastazione interiore che sconfina presto nell'orrore.



La mia opinione: "Meno di zero" è un romanzo di nichilismo estremo, come raramente mi è capitato di leggere. Anzi, direi con la massima certezza che mai prima d'ora mi era capitato un libro così, a confronto i vari "Trainspotting" o "Noi i ragazzi dello zoo di Berlino" impallidiscono. A rendere ancora più nichilista tutto il contesto è il fatto che i protagonisti non siano giovani disadattati figli del ghetto e della povertà, come è più facile pensare, ma ragazzi ricchissimi figli delle migliori famiglie di Los Angeles. Giovani adolescenti i cui genitori lavorano per il cinema hollywoodiano, che frequentano le migliori scuole. Hanno case da sogno, abiti firmati, le auto più costose, possono avere tutto ciò che desiderano, ma la realtà è che non desiderano niente e conducono le loro vite nell'indifferenza più assoluta verso qualsiasi cosa, tra droga e feste dove comunque nessuno si diverte e promiscuità sessuale che svolgono meccanicamente senza emozioni.
Di per sé la storia non ha trama, non è interessante da leggere, non ha colpi di scena inaspettati, non ha un finale degno di questo nome, ma l'autore è stato bravissimo a ritrarre questo scorcio di quotidianità in maniera così vivida che sembra di essere lì. E nulla è lasciato al caso. Lo stile di scrittura è piatto e ripetitivo, monocorde, così come i dialoghi, che sembrano sempre cadere nel nulla per l'incapacità dei personaggi di comunicare tra loro, e non solo tra coetanei ma anche nel rapporto genitore-figlio. Non è un libro piacevole da leggere ma scorre via leggero, e comunque, nonostante il mare d'indifferenza che viene descritto riga dopo riga, il lettore riesce a provare emozioni. Nella storia si trovano eccessi di tutti i tipi ma solo nella seconda metà si vi sarà una piccola escalation di violenza che scuote chi legge, e forse anche un po' il protagonista, che sembra capire la differenza tra giusto e sbagliato, ma non riesce comunque a importargliene qualcosa. Questo è un libro che una volta terminato non viene da dire "mi è piaciuto" o nessun'altra frase positiva, però rimane impresso e la scrittura dell'autore è un elemento che mi ha impressionata perché riesce totalmente nell'intento del descrivere l'indifferenza con una scrittura altrettanto indifferente, che infatti non si spertica in descrizioni dettagliate di nulla ma il lettore ha comunque la sensazione di avere assistito a tutto nei dettagli e ditemi se questa non è abilità di scrittura!
Ma se devo fare un'analisi più approfondita a distanza di giorni che lo ho letto mi rendo conto che la cosa del libro che più di tutte rimane impressa e sconvolge è il realismo esasperato che ne scaturisce, talmente forte che è impossibile pensare che questa storia sia frutto, anche in piccola parte, dell'immaginazione; la sensazione più accreditata è che siano esperienze dirette dell'autore stesso e della sua adolescenza, ed è forse questo l'orrore più grande.



voto:

giovedì 11 giugno 2015

Recensione: VERSO UN'ALTRA ESTATE - Janet Frame

La mia recensione su "Verso un'altra estate" di Janet Frame.


Titolo: Verso un'altra estate
Autrice: Janet Frame
Traduzione: Giovanna Scocchera
Editore: Neri Pozza
Data di pubblicazione: 12 Luglio 2012
Pagine: 224
Prezzo: 12,00 euro

Sinossi: Grace Cleave ha trent'anni, vive a Londra e, fatta eccezione per qualche mese di adulterio con un sedicente scrittore americano, non è mai stata sposata. I capelli, che un tempo le fiammeggiavano fulvi al sole dell'emisfero australe Grace viene dalla Nuova Zelanda -, sono ora così sbiaditi da aver preso il colore della polvere. L'ispirazione anche sembra irrimediabilmente svanita. Il romanzo che stava scrivendo, interrotto com'è tra la seconda e la terza parte, rischia di diventare un vero e proprio "figlio adottivo del silenzio". Il fatto è che qualcosa si è intromesso sul gozzo del romanzo e sulla sua vita. Qualcosa di minaccioso e allettante insieme, annunciato dalle soavi parole di una cartolina postale affrancata con cura: "Sig.na Grace Cleave: Sa che la temperatura qui a Relham è superiore di zero virgola quindici gradi rispetto a quella di Londra? Venga a scaldarsi! Philip Thirkettle". Philip Thirkettle ha l'aspetto pulito, assorto, tipico degli intellettuali inglesi. Gesticola con prontezza, è entusiasta e vivace. È venuto a trovarla per un'intervista il giorno in cui Grace si è messa la gonna azzurra a quadri e il cardigan sintetico azzurro con la scollatura sul davanti e si è tirata via un paio di peli tra i seni, nel caso si vedessero quando si chinava. Philip, però, mirava alla sua mente. Non sapeva che nessuno, con la conversazione, può raggiungere la mente di Grace Cleave.


La mia opinione: Devo ammettere che da questo libro mi aspettavo qualcosa di completamente diverso. E' il primo libro che leggo dell'autrice (prima di adesso non conoscevo nulla della sua storia) ma già dalla lettura delle primissime pagine avevo un sentore che questo libro non mi sarebbe piaciuto. E' scritto in maniera molto difficile, e per difficile intendo c'è un gran disordine nella sequenza di scrittura, le frasi sono scoordinate tra loro, il rischio è quello di non riuscire a capire cosa si sta leggendo. Eppure la trama non sarebbe brutta e in alcuni punti si intravvede del potenziale. La protagonista della storia è una scrittrice di talento che non è capace a esprimersi a parole, le è difficile socializzare, ha moltissime fobie nell'incontrare dal vivo le persone. Questa premessa è a mio avviso interessantissima, avrebbe potuto portare ad un romanzo memorabile, dai contenuti estremamente profondi e accattivanti... ma sono rimasta delusa dall'apprendere che così non è, perché il romanzo non decolla mai, alterna alcune vicende del presente con altre della storia passata della protagonista in maniera del tutto a random. Davvero pesanti poi le descrizioni del passato, che non portano minimamente a capire meglio il presente, le ho trovate inutili e ho dovuto saltare qualche pagina qua e là per tornare alla storia presente, che era migliore, se solo fosse stata meglio focalizzata. Non avevo nessun problema ad affrontare una protagonista sociopatica, anzi, adoro i personaggi sociopatici, ma lei... non solo non sa esprimersi parlando, anche scrivendo la confusione è troppa per riuscire a trasmettere qualcosa di senso compiuto. Trasmette solo un grande disagio mentale.
Dopo aver finito il libro mi sono documentata meglio e ho scoperto che questo non sarebbe un romanzo di fantasia ma una sorta di storia autobiografica dell'autrice, libro pubblicato postumo per suo volere. Forse quindi un libro troppo intimistico per essere compreso da estranei, scritto in maniera che solo lei poteva capire, troppo lirismo nello stile, in definitiva una lettura che purtroppo non fa per me.



voto:

mercoledì 3 giugno 2015

Recensione: L'ATLANTE DI FUOCO - John Stephens

La mia recensione su "L'atlante di fuoco" di John Stephens.


Titolo: L'atlante di fuoco
Serie: The Books of the Beginning vol. 2
Autore: John Stephens
Traduzione: G. Garbellini
Editore: Longanesi
Data di pubblicazione: 31 Ottobre 2013
Pagine: 485
Prezzo: 9,90

Sinossi: C'è il sole che splende, il cielo è limpido e dovrebbe essere un giorno di festa per l'Istituto per Orfani Irrecuperabili e Senza Speranza Edgar Allan Poe. Ma all'orizzonte incombono già nubi nere, cariche di presagi... e di magia. I tre fratelli Kate, Michael ed Emma detestano quell'orfanotrofio diroccato, il cibo puzzolente, la direttrice che li vessa di continuo... Ma è l'ultimo riparo per quei tre ragazzi che il destino ha messo al centro di una trama oscura e pericolosa. C'è un tremendo potere sulle loro tracce, un'entità malvagia che ha già rapito i loro genitori e li ha costretti a nascondersi. L'unica via per la salvezza è scovare e riunire i misteriosi Libri dell'Inizio. Per fortuna, uno è già in loro possesso: ed è proprio all'Atlante di smeraldo che la maggiore, Kate, dovrà ricorrere per fuggire dal pericolo, scomparendo nelle pieghe del tempo, per essere catapultata a New York alla fine dell'Ottocento, proprio nel momento in cui il mondo degli umani e quello della magia sono sull'orlo di una terribile scissione. Ed è lì che incontra un enigmatico e affascinante ragazzo, il cui destino sembra fatalmente legato al suo... Intanto, rimasti soli, Michael ed Emma dovranno intraprendere la ricerca del secondo libro, l'Atlante di fuoco, perché è destino di Michael esserne il Custode. Ma per conquistarne il potere e salvare le sorelle, Michael deve imparare ad affrontare le proprie paure peggiori. E deve agire in fretta, perché il Ferale Magnus è pronto a tutto...


La mia opinione: Questo secondo libro della trilogia "I libri dell'inizio" l'ho trovato migliore rispetto al primo. Il merito è (in parte) della storia che diventa più interessante, con alternanza di capitoli del presente e del passato, e dei tanti colpi di scena (non banali) che danno svolte interessanti alla vicenda e soprattutto sul finale si rimane come sospesi e c'è il desiderio di sapere come si concluderà la vicenda. Vorrei dire che le migliorie includono anche la caratterizzazione dei protagonisti (i tre fratelli) ma non è così. Nel primo libro li avevo trovati con poca personalità e li ho trovati esattamente uguali anche in questo seguito. Sono i classici stereotipi da libro fantasy per ragazzi (protagonisti ancora bambini a cui è affidata la sorte del mondo e che si sentono tanto importati, con il risultato di apparire saccenti e poco simpatici) e questo è sicuramente il difetto più imperdonabile che non permetterà mai di dare un giudizio totalmente positivo. Ma invece sono rimasta assolutamente sorpresa di aver fatto la conoscenza di un altro personaggio (a mio avviso il più interessante!) che dovrebbe in teoria essere il personaggio cattivo, ma invece vi è in lui una mescolanza di qualità che lo rende davvero particolare. Ne sono rimasta sorpresa perché è raro che in un libro per ragazzi la distinzione tra bene e male non sia netta, di solito il buono è completamente buono e il cattivo completamente cattivo e così ero portata a pensare anche di questa trilogia, avendo letto il primo libro che rispetta in pieno tale stereotipo. Invece in questo secondo libro la situazione si modifica e il personaggio cattivo ne diventa il catalizzatore, inutile dire che è fin'ora il personaggio meglio caratterizzato, meglio dei protagonisti, che come ho già detto non mi stanno piacendo al punto tale da trovare difficile fare il tifo per loro. Altro elemento interessante è la presenza di un mondo magico dentro al mondo umano anche se separato e questa caratteristica (appena accennata nel primo libro e molto più marcata in questo seguito) fa pensare più volte al mondo di Harry Potter. Per me è una cosa positiva, è uno scenario che apprezzo anche se fare paragoni con un (insuperabile!) Harry Potter è comunque impensabile.
Per questi motivi (storia con migliori colpi di scena - presenza di un personaggio "cattivo" finalmente interessante e multisfaccettato - presenza di un mondo magico che convive adiacente al mondo umano) do al libro ben 4 stelline, cosa che non avrei sperato dopo la lettura del libro primo. Di solito i sequel non sono mai migliori dei primi libri ma in questo caso sono contenta di poter dire che ci troviamo davanti ad un'eccezione.



voto: