Titolo: Suite francese
Autrice: Irène Némirovsky
Traduzione: Lanfranco Binni
Editore: Garzanti
Data di pubblicazione: Febbraio 2015
Pagine: 412
Prezzo: 4,90
Sinossi: "Suite francese", pubblicato postumo nel 2004, è l'ultimo romanzo di Irène Némirovsky. Scritto agli albori del secondo conflitto mondiale a Issy-l'Évèque, in Borgogna, è un affresco spietato, composto quasi in diretta, della disfatta francese e dell'occupazione tedesca, in cui le tragedie della Storia si intrecciano alla vita quotidiana e ai destini individuali. È un caleidoscopio di comportamenti condizionati dalle aberrazioni della guerra, dalla paura, dal sordido egoismo, dalla viltà, dall'indifferenza, dagli istinti di sopravvivenza e di sopraffazione, dall'ordinaria crudeltà, dall'ansia di amore. È il racconto della passione, ambigua e tormentata, che nasce tra una giovane donna il cui marito è disperso al fronte e un ufficiale tedesco. Con lucida indignazione ma anche con pietà, Némirovsky mette a nudo le dinamiche profonde dell'esistenza umana di fronte alle prove estreme e scrive un insperato capolavoro della letteratura del Novecento.
La mia opinione: Inizio col precisare che questo non è un romanzo vero e proprio ma un romanzo... ahimè... INCOMPIUTO. L'intento dell'autrice era quello di scrivere un macro-romanzo (una sorta di "Guerra e Pace" francese) composto da 5 storie collegate tra loro ma apparentemente autoconclusive e con protagonisti diversi. Qui ritroviamo solo 2 delle 5 storie previste e non sapremo mai (l'autrice è morta deportata ad Auschwitz) come avrebbe evoluto e collegato le varie storie, un vero peccato non solo dal punto di vista umano, ma letterario, dato che il romanzo in questione avrebbe avuto davvero le carte in tavola per diventare il "Guerra e Pace" del ventesimo secolo.
La prima storia ("Tempesta di Giugno") è incentrata sulla fuga dei parigini dalle loro case agli albori della seconda guerra mondiale. La seconda storia ("Dolce") si concentra invece sull'occupazione tedesca di un paese di campagna francese. Tra le due ho preferito la prima, con più punti di vista che si intersecano tra loro, più personaggi, dal ritmo più dinamico e dalla sagacia più pungente. La seconda storia è invece un po' più lenta, più riflessiva, con meno personaggi. Ciò che è comunque innegabile è la straordinaria capacità narrativa dell'autrice, la sua abilità nell'entrare nella mente di tanti personaggi descrivendone alla perfezione stati d'animo e i tanti mutamenti caratteriali che sorgono nei momenti difficili durante le avversità della guerra. Si assiste infatti ad un caleidoscopio di immagini che tratteggiano con assoluta precisione ogni peculiarità dell'animo umano, pregi e difetti vengono messi completamente a nudo con perspicacia e acume. Altro pregio fondamentale della scrittura della Nemirovsky è la sua completa imparzialità nelle vicende narrate. Si capisce che i fatti descritti sono quanto più possibile vicini all'autrice stessa e che racconta dell'identico periodo storico che lei stessa vive mentre sta scrivendo (è infatti forte la sensazione di vivere le vicende in diretta) ma al tempo stesso nessuna opinione personale scaturisce dalla sua penna, ricreando grazie a ciò un romanzo corale e multisfaccettato, dalle innumerevoli chiavi di lettura.
Purtroppo l'incompiutezza del testo pesa come un macigno e non permette di apprezzare pienamente ciò che sarebbe stato e che mai sarà. Le due storie che il lettore affronta possono essere definite concluse, vi è un inizio e una fine per entrambe, ma sono comunque troppe le diversità (sia di forma che di sostanza) tra le due storie, e sono troppi i fili recisi e gli interrogativi sulle varie dinamiche che si vengono a creare. Sono sicura che l'autrice avrebbe editato ulteriormente i testi, livellando le asperità e amalgamandoli con nuove storie che avrebbero dato un senso a tutto il romanzo. Rimane molta amarezza nel non poterlo leggere per intero.
La prima storia ("Tempesta di Giugno") è incentrata sulla fuga dei parigini dalle loro case agli albori della seconda guerra mondiale. La seconda storia ("Dolce") si concentra invece sull'occupazione tedesca di un paese di campagna francese. Tra le due ho preferito la prima, con più punti di vista che si intersecano tra loro, più personaggi, dal ritmo più dinamico e dalla sagacia più pungente. La seconda storia è invece un po' più lenta, più riflessiva, con meno personaggi. Ciò che è comunque innegabile è la straordinaria capacità narrativa dell'autrice, la sua abilità nell'entrare nella mente di tanti personaggi descrivendone alla perfezione stati d'animo e i tanti mutamenti caratteriali che sorgono nei momenti difficili durante le avversità della guerra. Si assiste infatti ad un caleidoscopio di immagini che tratteggiano con assoluta precisione ogni peculiarità dell'animo umano, pregi e difetti vengono messi completamente a nudo con perspicacia e acume. Altro pregio fondamentale della scrittura della Nemirovsky è la sua completa imparzialità nelle vicende narrate. Si capisce che i fatti descritti sono quanto più possibile vicini all'autrice stessa e che racconta dell'identico periodo storico che lei stessa vive mentre sta scrivendo (è infatti forte la sensazione di vivere le vicende in diretta) ma al tempo stesso nessuna opinione personale scaturisce dalla sua penna, ricreando grazie a ciò un romanzo corale e multisfaccettato, dalle innumerevoli chiavi di lettura.
Purtroppo l'incompiutezza del testo pesa come un macigno e non permette di apprezzare pienamente ciò che sarebbe stato e che mai sarà. Le due storie che il lettore affronta possono essere definite concluse, vi è un inizio e una fine per entrambe, ma sono comunque troppe le diversità (sia di forma che di sostanza) tra le due storie, e sono troppi i fili recisi e gli interrogativi sulle varie dinamiche che si vengono a creare. Sono sicura che l'autrice avrebbe editato ulteriormente i testi, livellando le asperità e amalgamandoli con nuove storie che avrebbero dato un senso a tutto il romanzo. Rimane molta amarezza nel non poterlo leggere per intero.